Domenica scorsa sono stata per la prima volta al Museo della Permanente a Milano, che in questo periodo ospita la mostra Kuniyoshi. Il visionario del mondo fluttuante.
A parte qualche timida visita alla sezione orientale del V&A o del British Museum, la mia conoscenza in materia di arte orientale è da sempre molto limitata e per lo più si rifà alle Situazioni di disagio nelle pitture classiche giapponesi e a Maria Gaia. Mi sono detta quindi che era tempo di rimediare.
dal 4 ottobre 2017 al 28 gennaio 2018
Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente
Via Filippo Turati, 34 – Milano
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Una cosa mi ha particolarmente colpita durante la mostra – tralasciando il fatto che la prima parte mancava (almeno domenica 8 ottobre, incrociamo le dita perché la cosa sia stata sistemata) dei cartellini che indicano la traccia audio corretta (l’audioguida è compresa nel biglietto) e la relativa traduzione in inglese – ed è la quasi assoluta mancanza di contestualizzazione.
Non conosco quasi nulla dell’arte che sto per vedere e, per esempio, nessuno si è preso la briga di spiegare, né nella brochure né nelle tracce audio né nei cartelli all’interno della mostra, cosa sia il mondo fluttuante di cui Kuniyoshi sarebbe il maestro – e non mi sembra esattamente poco. Quindi è quello che provo a fare oggi.
L’ukiyo-e: immagine di una società in trasformazione
È la parola attorno a cui ruota tutta la mostra e, quindi, l’arte di Utagawa Kuniyoshi.
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Di origine buddhista, ukiyo è il senso di precarietà che comporta l’attaccamento alle cose terrene e che il saggio deve rifiutare e rifuggire. Nel Seicento il termine perde completamente la sua sfumatura negativa, passando a indicare il desiderio di piaceri effimeri, come il teatro e la compagnia femminile, che la nuova società urbana di Edo, la capitale giapponese, sapeva offrire in abbondanza.
Fluttuare, cioè perdersi e immergersi, nei piccoli piaceri per dimenticare il dolore del mondo – almeno per il tempo di una serata.
Una sorta di edonismo – sempre però in chiave giapponese: ecco che teschi e demoni possono tranquillamente apparire in queste scene di piacere, proprio come sul fondo delle coppe di vino greche appariva la pietrificante Medusa. Anche nell’ebbrezza della festa hai bisogno di quel piccolo brivido lungo la schiena, fatto per ricordarti la tua mortalità.
Per oltre due secoli – tanti quanti dura il Periodo Edo (1615-1868) – l’ukiyo è l’estetica che domina la borghesia giapponese e che a questa è intrinsecamente connessa. La società, trasformata e aggiornata, pretende un nuovo tipo di arte che la rappresenti: vuole un’arte che parli a lei e di lei, in cui riconoscersi, che la celebri e perpetui.
Soprattutto, però, si tratta di una fetta della società che può permettersi di acquistare e commissionare opere: i teatri chiedono locandine, vengono fabbricati pregiati ventagli istoriati, i libri a stampa illustrati diventano un fenomeno di massa, che siano religiosi o di letteratura. La diffusione di quest’estetica è anche facilitata dall’avanzamento delle tecniche di stampa: è il periodo della grande fortuna della xilografia, che passa da stampe monocrome fino all’utilizzo di più di venti colori diversi con Hokusai e Hiroshige.
I temi dell’ukiyo-e
Da questa nuova cultura e per questo nuovo mercato si sviluppa l’estetica dell’ukiyo-e, il linguaggio artistico che esprime in immagini i temi dell’ukiyo. Penso sia questo il punto poco chiaro di tutta la mostra su Utagawa Kuniyoshi: le sezioni in cui è organizzata non sono per temi frequenti ma casuali, ma indicano un’arte programmatica, un occhio attento ai canoni estetici e ai bisogni economici, che comprendeva appieno e sapeva parlare con maestria la lingua dei suoi contemporanei.
Perciò, a questo punto, non ci stupiamo di trovare un’aderenza quasi totale tra i temi di Kuniyoshi e quelli prediletti dell’ukiyo-e, che sono principalmente sei – di cui tre abbastanza inaspettati, come:
- La tradizione: nonostante l’ispirazione assolutamente mondana, in realtà l’ukiyo-e omaggia molto spesso la tradizione giapponese, raffigurando gli eroi letterari, religiosi e quelli più leggendari, ma anche gli spiriti della natura e i mostri. Non viene meno l’estetica curata che si delizia dei piccoli dettagli: le stoffe che decorano gli abiti sono la scusa per mostrare l’abilità dell’artista, e quando è necessario mostrare la nudità dell’eroe è il tatuaggio a essere intricato ed elaborato.
- La natura: non perde il suo ruolo centrale nella cultura giapponese, ma ora animali e piante diventano veri e propri protagonisti, degni di occupare la scena di un quadro, e non sono più considerati un elemento decorativo. Alla mostra di Kuniyoshi vedrai gatte, polpi, aragoste e pesci che fanno i balletti. Davvero.
- Il paesaggio: l’influenza europea, in particolare quella dei pittori olandesi, si nota soprattutto nella prospettiva e nel trattamento del tempo atmosferico, come le nuvole. Molto spesso vengono rappresentati scorci quasi da cartolina, in sintonia con la passione giapponese per i viaggi.
In linea con i costumi e l’estetica, troviamo invece le rappresentazioni che riguardano
- Il teatro: amatissimo a Edo, fu anche uno dei modi in cui il mondo fluttuante ebbe modo di diffondersi materialmente, grazie alle locandine, i ritratti di attori e attrici, i ventagli pregiati.
- La città: l’uomo borghese è interessato alla propria vita, alla quotidianità, ama vedere rappresentati i luoghi che lui stesso frequenta. Per questo prolificano le stampe che offrono scorci delle vie, attività commerciali, strade affollate di personaggi e professionisti, ma anche i momenti di svago nelle case da tè e di piacere.
- Le donne bellissime: il piacere passa dalla bellezza femminile, dalle acconciature, dai kimono raffinatissimi. Le donne sono colte nei loro momenti intimi, mentre si pettinano, mentre giocano con un gattino, oppure mentre corrono sotto la pioggia, una mano a tenere la gonna per evitare che si bagni.
Utagawa Kuniyoshi, maestro del mondo fluttuante
Ora la mostra a Milano comincia ad apparire più strutturata, le sezioni in cui è divisa non sono casuali ed è così possibile apprezzare la maestria di Utagawa Kuniyoshi anche nella scelta del supporto: dal ventaglio rotondo (uchiwa) al trittico, dall’esattico alla stampa verticale.
Così inquadrata, la passione per i motivi teatrali è l’abile risposta a una committenza precisa; gli scheletri che sovrastano i personaggi o si nascondono nei vestiti hanno una motivazione che va oltre la tematica di quella particolare stampa; le folle di mostri caratterizzati con precisione non ci fanno più pensare a una fantasia sfrenata ma a un background solido e condiviso; i divertissement delle ombre, dei giochi di parole, degli spostamenti di significato non soddisfano solo l’autore, ma strizzano l’occhio all’intera borghesia di Edo.
Insomma, ciò che si scopre ora è che Utagawa Kuniyoshi era non solo un abile e dedito artista, ma soprattutto un maestro di comunicazione del mondo fluttuante.
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