Non sono stata bravissima in Ottobre: avevo in previsione di leggere tutt’altro e molto ,ma da quando mi sono trasferita a Milano – cioè dall’inizio del mese – i viaggi sui mezzi pubblici si sono ridotti di un’ora e quaranta al mattino e un’ora e quaranta la sera (I know) ed è stato, onestamente, tempo tolto alla lettura. Donato a tante altre cose (non tante, ok, un po’), però un po’ perso nel numero dei libri che posso presentarti oggi.
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Kurt Vonnegut Jr., Slaughterhouse-Five
Ricordo con chiarezza Natalia dire, anni fa, «Ho finito Mattatoio n°5 e non so come potrò scrivere mai più». Pensavo si riferisse al contenuto – perché immaginavo questo libro come una sorta di fratello di 1984 (che non ho mai letto perché ho paura, ok?) –, ma la verità è che non mi sarei mai potuta immaginare, né allora né all’inizio di Ottobre, un contenuto di questo tipo detto in questo modo.
Non me lo aspettavo, ma Slaughterhouse-Five è scritto benissimo. Uno dei libri più belli che abbia mai letto (e l’ho fatto in lingua), da questo punto di vista. Le immagini – e come sono dette – sono perfette: per dire che un personaggio urla inutilmente e come lo fa, Vonnegut non descrive nulla, né la fisicità né l’intensità dell’urlo né le motivazioni, dice qualcosa tipo «urlava come un telefono che continua a squillare in una casa vuota». Boom.
Non vorrei parlare troppo della trama, perché il modo in cui Vonnegut sceglie di trattare la storia, reale e (spoiler alert!) non, è qualcosa che forse non avevo mai letto prima o, almeno, non riesco a trovare un singolo paragone in questo momento. E questo momento sono quattro giorni perché mi ci voglio impegnare davvero e trovarne uno ma niente. Meraviglioso, perché totalmente inaspettato e totalmente lontano da qualsiasi altra cosa mi piaccia ed è perfetto così.
Everything was beautiful and nothing hurt.
Kurt Vonnegut Jr., Slaughterhouse-Five
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Gabriel García Márquez, Racconto di un naufrago
Ho già detto un paio di volte che questo 2017 sembra proprio essere l’anno di Márquez, il che mi fa realizzare due cose molto importanti: la prima è che è suo uno dei miei libri preferiti in assoluto, Cent’Anni di Solitudine, ma mi manca ancora tanto per completare la sua bibliografia, e la seconda è che ma quanto ha scritto? Tanto, sembra. Abbastanza da avere una media di un suo libro al mese raccontato – ma non troppo – nel Book Edit.
Di Márquez tendenzialmente leggo raccolte di racconti e romanzi, ma questo Racconto di un naufrago non deve trarti in inganno, a dispetto del suo titolo: si tratta di cronaca, e quel di è di specificazione, non di argomento. Il racconto appartiene a un naufrago, che riporta ciò che gli è successo in dieci terribili giorni alla deriva a un reporter, che è il giovane Gabo, perché pubblichi la versione completa e non eroicizzata della sua storia. Il naufrago si chiama Luis Alejandro Velasco e Márquez è un filtro capace di rendere bellissimo e tedioso il passare del tempo senza speranza. Sentirai anche tu il rumore degli animali che urtano la gomma e il sapore delle stringhe. Lo sapevi che devi sempre proteggerti i polmoni dal sole?
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Jorge Luis Borges, L’Aleph
Anche di questa raccolta di racconti ricordo persone entusiaste, se non addirittura fanatiche. Penso che mi sarebbe piaciuto moltissimo, se solo l’avessi letto sette anni fa. Mi sarei emozionata, avrei scalpitato lungo tutti i racconti, la testa e gli occhi accesi di riconoscenza – perché avrei riconosciuto un linguaggio comune, quello della cultura umanista e letteraria, mi sarei gustata tutte le tracce con cui Borges tesse la trama di ogni racconto, perché appartengono al mio stesso codice: so di cosa stai parlando.
Anche troppo, forse: ho spesso avuto l’impressione che i racconti fossero costruiti aprendo un’enciclopedia e intrecciando (abilmente, certo) le parole che di volta in volta si trovava di fronte, copiando intere porzioni della descrizione. Ci sono dei racconti che mi sono piaciuti moltissimo, come Il morto o L’attesa, altri che ho dovuto interrompere – ma tanto è uno dei diritti inalienabili del lettore, come dice Pennac.