Se c’è un filo conduttore per il primo book edit del 2018 (sto meditando di farlo diventare un appuntamento quadri− o trimestrale, data la mia lentezza attuale, che ne pensi?), è che mi faccio prestare moltissimi libri: è innegabile e se lo ammetto così, in apertura, magari risulta anche meno imbarazzante.
Fortunatamente, sto tenendo fede al mio unico buon proposito per quest’anno: due autrici ogni uomo che leggo. Alla fine di questi primi quattro mesi, infatti, conto 7 donne e 3 uomini − ma ho anche realizzato che gli scrittori italiani sono (solo?) 2 su 10.
Carola Barbero, L’arte di nuotare
È un libro leggero, sta nel palmo della mano: è comodo da leggere in metro, anche in piedi. Per questo non mi aspettavo che, improvvisamente, trattasse anche temi come l’eutanasia, l’apnea e il lasciarsi annegare. È impregnato di riferimenti e suggerimenti filosofici, ma in un modo che lascia abbastanza spazio al lettore per trovare i propri , di collegamenti: ed è un pregio. A me è capitato, di continuo, anche esulando dal campo del nuoto e dell’acqua, permettendomi confronti e ragionamenti con il testo e con i miei pensieri − non un piccolo saggio passivo quindi, anche se senza dubbio appassionato, quasi di settore. Se ti piace nuotare e forse non hai mai capito tanto bene perché, questo libro potrebbe aiutarti. Poi ogni tanto compare Lucio Dalla, quindi va tutto bene.
Prima di nuotare verso casa accertiamoci di due cose: 1) di avere energie e capacità sufficienti per percorrere la distanza prevista e 2) di avere una casa con dentro qualcuno che ci aspetti.
Carla Barbero, L’arte di nuotare
Joan Didion, The Year of the Magical Thinking
Non avevo mai letto nulla della Didion prima e, al momento, non riesco a ricordare perché abbia scelto proprio questo libro, per incontrarla. Forse perché pensavo fosse uno dei pochi libri di self–help che potessi sopportare – così, a giudicare dal titolo. Per attraversare le prime pagine, invece, mi ci è voluta una vita. (Sto rileggendo in cerca di correzioni e solo ora mi rendo conto dell’amarezza di questa frase e della sua verità – quindi rimane.) Poi ho deciso di finirlo entro il 12 aprile, un anniversario pesante per me, il primo, per fare ancor più mio il libro, per provare a provare le stesse cose, e non ce l’ho fatta. Per settimane, infatti, ho potuto leggerlo solo di mattina, sul 27, circondata da persone, una manciata di pagine al massimo prima di dovermi interessare al traffico milanese per non singhiozzare. Ma l’ho terminato in una notte insonne, in cui ho pianto e sospirato quanto mi serviva. L’unico altro libro a cui poterlo associare, e che io abbia letto, è forse Paula di Isabel Allende – l’altra cosa che hanno in comune è che forse non li rileggerò mai. Per fortuna, però, l’ho fatto.
Read, learn, work it up, go to the literature. Information is control.
Joan Didion, The Year of Magical Thinking
Claire Fuller, Swimming Lessons
Questo acquisto è stata tutta colpa mia – la verità è che se avessi letto meglio la quarta di copertina non l’avrei mai mai mai nemmeno preso in considerazione. Un libro troppo semplice e forse troppo semplicistico, con dei personaggi scialbi e inautentici e uno dei finali più brutti in assoluto che io abbia mai letto, ma proprio di una banalità che non so giustificare in nessun modo letterario o di gusto. La copertina però è bellissima e l’ho pagato 80 centesimi, quindi è un pochino più accettabile. Per fortuna, però, abbastanza all’inizio, mi ha offerto la spiegazione del perché non sono in grado di rimanere in pari con il gruppo di narrativa e invece quando mi chiedono di scrivere di un tavolo riesco a farlo quasi senza problemi.
Bohrumil Hrabal, Treni strettamente sorvegliati
Un libro consigliatomi dall’architetto, che ho iniziato e finito il 25 aprile e non sapevo fosse perfetto per quel giorno. Sicuramente Hrabal è meraviglioso, ci posso mettere la mano sul fuoco (o lo stampo sul culo – ma per capirlo lo devi leggere), ma una traduzione bella come quella di Sergio Corduas non la leggevo da tantissimo. Un po’ come quando dico che come Márquez non scrive nessuno, però lo posso dire solo perché Enrico Cicogna ha fatto un capolavoro libro dopo libro, e, dopotutto, mi sono innamorata de Le onde della Woolf perché la Fusini è una maestra. Il ritmo della traduzione è da togliere il fiato tanto è bello. Davvero, un regalo.
Miranda July, The First Bad Man
Il secondo libro di Sara del book edit (il primo è L’arte di nuotare), un romanzo davvero stranissimo – perché, mi è sembrato, formato da molti romanzi assieme. Quindi se a volte la trama sembra virare un po’ (troppo) nello stereotipato e lasciarsi indovinare, è il cambio di registro, di tono e di sottotesto a tenere ogni volta il lettore (me) sull’attenti (ed è la cosa che preferisco in assoluto, quando mi si chiede attenzione). Leggilo se ti piace un narratore così furbo da saper sempre condurre il gioco – e da non aver paura di farlo.
Jhumpa Lahiri, Interpreter of Maladies
Anche questo libro viene da Sara, ma stavolta dall’India e come regalo. Oltre a motivi un po’ sentimentali, tipo il fatto che questa raccolta di racconti sia in parte ambientata a Londra e a Boston e che i suoi protagonisti si sentano fuori luogo (outsider ed expat al tempo stesso) e non sappiano cosa farci (oh hei), la scrittura della Lahiri è prettamente visiva – e quindi evocativa –, ricca di immagini perfette. Come quella del mangiare così spesso da soli che si finisce con l’utilizzare e lavare ogni volta lo stesso cucchiaio, tanto che rimane sempre, inevitabilmente, quello in cima alla pila nel cassetto.
Claudio Morandini, Neve, cane, piede*
Il libro che ho/abbiamo scelto per il gruppo di lettura, nel tentativo di scoprire come stia la narrativa italiana degli ultimi anni, e per questo segnalato da un asterisco. Beh, a giudicare da Neve, cane, piede, direi bene: è una storia senza il bisogno di una morale, che sta in piedi da sola e non ha paura di fare le giravolte per prendere in giro il lettore.
R. K. Narayan, Il mago della finanza
Un altro libro prestato, un altro libro indiano. Qui tutte le persone gridano e non parlano – un po’ come nei romanzi ottocenteschi russi, francesi o anche italiani, a dire il vero – e la mia cosa preferita è il salto temporale che a volte inaugura un nuovo capitolo. Il fatto che non sia la regola è la parte più bella, ovviamente.
Kate Tempest, Let Them Eat Chaos
Anche questo è un libro prestato – molti mesi fa, in realtà. Sono una persona lenta in così tanti modi, ma so riconoscere al volo quando qualcosa è fatto per restare: un libro di poesie in inglese sull’essere svegli nel cuore della notte e terribilmente soli, isolati e spaventati? Un poema sulle stanze in prestito, le case in affitto, i cuori spezzati, l’insensatezza delle partenze, i lutti perpetui, il domani, il mondo e il fatto che, alla fine, l’unica cosa che conta è dire alle persone che ami di rimanere vive e amare di più? I’m in.
Virginia Woolf, Flush: a biography
Questo è un regalo che viene da Londra e dal passato, almeno tre anni fa. Non so perché non l’abbia mai letto: è Virginia Woolf, d’altronde. E, infatti, anche se tenteranno di farti credere che la biografia di un cocker spaniel non possa essere importante (matti), Flush è uno dei libri più deliziosi e veri che potrai mai leggere: il protagonista è trattato come un giovane di belle speranze, destinato a grandi prodezze e a un futuro all’altezza della sua genealogia – solo che ha un tartufo e una comprensione del mondo terribilmente diretta, che non ha bisogno di parole. Eppure, questo è un libro. E Virginia Woolf una maestra, ancora una volta.
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